300

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Re Sasa
view post Posted on 27/3/2007, 21:59




Linka, voglio leggere. Certo però che identificare il popolo americano con gli avi degli iraniani, barbari e per certi versi pure un pò effemminati... Sarebbe un grande... :)
 
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(Louis)
view post Posted on 28/3/2007, 03:03




Ma guarda che non ci vuole molto a paraonare due imperi. Vedo che sei poco avvezzo di storia, mi spiace molto.

PORCO IL CLEO SONO LE 4:00
 
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Re Sasa
view post Posted on 28/3/2007, 12:29




Certo, paragonare alla cazzo di cane un popolo arabo con gli americani solo perchè erano un impero mi pare na grande fesseria... Comunque, aspetto...
 
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(Louis)
view post Posted on 28/3/2007, 18:10




CIoè, per te, non esistono parallelismi fra le potenze imperialiste nella storia? Non esiste un parallelo fra la storia romana e quella americana, fra Alessandro Magno e Serse, fra Napoleone e Stalin, fra Hitler e Carlo Magno? No, dimmi che stai scherzando, ti prego!

CIoè, per te, non esistono parallelismi fra le potenze imperialiste nella storia? Non esiste un parallelo fra la storia romana e quella americana, fra Alessandro Magno e Serse, fra Napoleone e Stalin, fra Hitler e Carlo Magno? No, dimmi che stai scherzando, ti prego!
 
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°Shiva
view post Posted on 28/3/2007, 18:21




Ma leggi??
ha scritto che trova una fesseria QUESTO parallelismo
 
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(Louis)
view post Posted on 28/3/2007, 18:48




MA sei scema? Ho scritto che QUESTO paralllelismo esiste. Comunque ho trovatp un articolo chiarificatore anche del dilemma Termopili-Salamina


CITAZIONE
I PASDARAN DELLE TERMOPILI
Ahmadinejad protesta per il fumettone di Hollywood sulla leggendaria
battaglia. Ma confonde i buoni con i cattivi
di Siegmund Ginzberg

A Teheran qualcuno si è offeso. Film “ostile”, che si inquadra in un
clima di “guerra culturale e psicologica”, l’hanno definito il ministro
degli Esteri e il ministro della Cultura e dell’Orientamento islamico di
Mahmoud Ahmadinejad. Hanno invitato tutti i paesi islamici a boicottarlo
e a non cadere nella trappola della più volgare propaganda antiiraniana.
Col risultato immediato che al mercato nero a Teheran vanno a ruba le
cassette piratate. Si può anche capire. Anch’io provengo da una cultura
in cui la cosa più grave che si può fare a qualcuno è insultare la
memoria dei suoi antenati. “Non avrò per caso offeso il tuo papu, un tuo
avo?”, è l’espressione che nel ladino, castellano viejo, dei miei
antenati sefarditi, pur rotti e abituati ad ogni maldicenza,
si usa per dire: “Ma che t’ho fatto?”. “300”, il film fumetto di Zack
Snyder e Frank Miller che sta facendo furore nei botteghini americani
insulterebbe gli antenati degli iraniani, presentandoli come infidi e
sanguinari, ed esalterebbe le virtù militaresche dello spartano Leonida
e dei suoi 300 caduti due millenni e mezzo fa nel difendere il passo
delle Termopili, la Grecia e l’occidente dall’assalto di un esercito di
due milioni e passa di invasori venuti dal medio oriente. La regola
inviolabile per un film di Hollywood è che i cattivi siano cattivi e i
buoni buoni. Nello specifico, i cattivi sono i persiani. Su questo non
c’è rimedio. Ne abbiamo un’interpretazione di parte. A raccontare
quell’episodio furono Erodoto e altri autori greci. Non abbiamo
l’equivalente antico delle “Lettere da Iwo Jima”. Il film non l’ho
visto. Magari è anche divertente. Frank Miller coi fumetti ci sa fare,
Sin City era un gioiellino. Un fumetto è un fumetto. Certo, può essere
brutto, propagandistico, noioso, stupido. Non riesco ad immaginare molti
altri modi in cui possa risultare offensivo. Nel caso della storia delle
Termopili, non è così scontato chi possa trovarsi offeso, e per che
cosa. La cosa più curiosa è che, stando a come il vecchio Erodoto ci
racconta come andarono le cose alle Termopili, e, più ancora, come ci si
arrivò, a sentirsi molto più offesi potrebbero essere alla Casa Bianca e
al Pentagono a Washington, piuttosto che a Teheran. Alla conferenza
stampa di presentazione del film a Los Angeles un giornalista aveva
chiesto: “Ma nel film chi fa la parte di George W. Bush, lo spartano
Leonida o il persiano Serse?”. Il regista si era guardato bene dal
rispondere. Aveva colto al balzo che l’ambiguità non poteva che aiutare
gli incassi. La cosa curiosa è che, a quanto pare, metà dei critici e
degli spettatori sono convinti che sia l’impero di Serse a evocare
errori e limiti della superpotenza americana, che la sua fallita
invasione dell’Europa possa essere una metafora per quanto non è andato
nel verso giusto nella guerra americana in Iraq e per quanto potrebbe
andare ancora peggio in una guerra all’Iran. Mentre un’altra metà è
convinta dell’esatto contrario. E’ nel Libro VII delle sue “Storie” che
Erodoto ci racconta di come, per completare un “lavoro incompiuto”
lasciato a metà da suo padre, il capo dell’unica superpotenza mondiale
dell’epoca, il re dei re Khshayarsha, più noto come Serse, aveva deciso
di muovere guerra ad un ristretto gruppo di stati che, con il linguaggio
dei nostri giorni avrebbe potuto definire “canaglia”. Riottosi alla
globalizzazione, cattivo esempio per tutti gli altri dal punto di
vista del rispetto delle convenzioni internazionali, fonte continua di
guai, complotti, disordini e persino terrorismo, eternamente in
conflitto con gli alleati dell’impero, e tra di loro, ciascuno contro
ciascun altro, sfidavano a ripetizione i più elementari principi della
convivenza internazionale. Turbavano la pace e la stabilità che l’impero
persiano, da Ciro il Grande in poi, era riuscito a garantire ad un mondo
sino ad allora devastato da guerre e campagne a ripetizione da parte di
una delle tante potenze regionali ai danni delle altre. Ostacolavano i
commerci con la pirateria. Avevano persino osato ammazzare gli
ambasciatori che re Dario aveva inviato ad Atene e Sparta per cercare di
indurli a ragionare, violazione inaudita e gravissima anche a quei
tempi. Serse non ha il minimo dubbio che la ragione, oltre che la forza,
stiano dalla sua parte e che, nel “conflitto di civiltà” in corso i veri
“barbari” siano i greci. E’ lui a ritenersi il leader del mondo
avanzato, per non dire dell’occidente. Non è millanteria, si tratta di
un’opinione condivisa da gran parte del mondo di allora, paradossalmente
anche da buona parte del mondo greco. I persiani sono di gran lunga
superiori ai greci dal punto di vista economico e da quello
dell’efficienza amministrativa. Il loro sistema postale è una
meraviglia, hanno un notevole vantaggio in infrastrutture e
comunicazioni, sono all’avanguardia nella medicina e nella scienza. Si
ritengono superiori sul piano religioso e sul piano giuridico. Sono
orgogliosi di essere monoteisti, rispetto ai greci che considerano
adoratori primitivi di una molteplicità di demoni ed idoli, un
politeismo che i zoroastriani chiamano semplicemente “La grande bugia”.
Comunque sono più tolleranti, tendono a rispettare i templi e i culti
degli altri. Non avevano asservito i popoli conquistati recandone degli
schiavi, ne avevano rispettato i costumi e le usanze, ne avevano fatto
strapie autonome, purché non minacciassero l’ordine dell’impero. Erano
stati i primi a riunire popoli di etnie diverse sotto un singolo governo
e un singolo sistema legale. E’ il greco Platone a considerare Dario
come un legislatore che non ha nulla da invidiare a quelli della sua
Attica e del Peloponneso. Per studiosi dell’antica Persia come Richard
Frye, le leggi di Dario sarebbero state addirittura all’origine della
Torah ebraica. L’insigne studioso sosteneva che era stata la Persia
antica all’origine di un sistema di leggi internazionali, anzi che nella
Persia di Dario si troverebbero i veri fondamenti del diritto romano,
cioè i fondamenti del diritto occidentale tout court. Esagerato?
Probabilmente. Ma questa opinione non avrebbe scandalizzato né Platone
né Aristotele. Il fior fiore del pensiero greco ha per la Persia antica
un rispetto e un’ammirazione non dissimile da quello che in tutto il
mondo ha suscitato la “success story” del modello americano. Certo,
quello era dispotismo. I greci avevano invece inventato la democrazia.
Ma non erano in molti a vantarsene in Grecia. Le città stato greche
difendono la propria libertà, ma non tendono a vantare una superiorità
rispetto all’impero persiano. Platone era affascinato dai tiranni.
Sparta era una dittatura fondata su un’ideologia militarista, un
collettivismo spinto da far sembrare moderato quello dell’Urss italiana
e un’idea della superiorità della razza e pratiche di eugenetica da far
impallidire gli eccessi del Reich nazista. Gli spartani non scrivevano
libri, erano xenofobi, non usavano moneta, non commerciavano, la loro
era una società che mi ha fatto sempre venire in mente quella di 1984,
un incubo militarista e totalitario. Eppure questo incubo affascinava le
migliori menti della rivale democratica Atene. Bernard Knox ha osservato
che sono stati gli autori dell’epoca della massima fioritura della
civiltà di Atene a screditare e ridicolizzare, per i quasi due millenni
successivi, l’idea stessa di democrazia. Socrate e Aristotele a Pericle
preferivano i Trenta tiranni. Platone voleva mettersi al servizio del
tiranno di Siracusa. Nessuno era scandalizzato più di tanto dal
dispotismo persiano. Racconta Erodoto che, una decina di anni dopo la
prima spedizione, condotta da suo padre Dario, Serse decide di
sottoporre ad un’assemblea dei notabili del suo impero i progetti per
farla finita con quelli che considera i nemici della civiltà, perché
nessuno abbia l’impressione che “sia io a decidere tutto da solo”. Lo
considera un dovere morale, le sue argomentazioni riecheggiano anche
letteralmente molte di quelle che Bush figlio aveva addotto a sostegno
della guerra contro Saddam Hussein, compreso l’elemento del dover
vendicare un torto fatto al padre. “Mi accingo, gettato un ponte
sull’Ellesponto, a condurre un esercito attraverso l’Europa, contro la
Grecia, per vendicarmi sugli ateniesi di quanto hanno fatto ai persiani
e a mio padre. Voi vedeste anche mio padre Dario impaziente di partire
contro quella gente; ma è morto e non è riuscito a prendersi la rivalsa.
Io, per lui e per gli altri persiani, non avrò pace finché non espugnerò
e non darò alle fiamme Atene: sono stati loro per primi a macchiarsi di
torti nei confronti miei e di mio padre…”, gli dice. I suoi consiglieri
si dividono. Alcuni gli danno ragione, insistono non solo sul fatto che
la spedizione punitiva è l’unica cosa giusta da fare, ma anche sul fatto
che si tratta di una guerra che la superiore civiltà e potenza persiana
non possono perdere. “E di che cosa avremmo paura? Di quale massa di
gente? Di quali risorse economiche? Sappiamo come combattono, conosciamo
la loro forza, che è ben poca cosa... Mio re, chi ti si opporrà
sfidandoti militarmente, quando guiderai insieme la massa degli
asiatici e la flotta intera? Io non credo che i greci arrivino a
concepire una audacia sì grande; ma anche se ora mi sbagliassi e quelli,
spinti dalla stoltezza, venissero a battersi contro di noi,
imparerebbero che in guerra siamo i più forti al mondo”, gli dice
Mardonio, impetuoso come un neocon. Altri, più realisti, che già avevano
consigliato suo padre, lo invitano invece a seguire una linea più
prudente. “No, non decidere di correre un rischio del genere, quando non
ce n’è la minima necessità, dammi retta. Ora sciogli questa assemblea:
un’altra volta, quando ti pare, dopo aver ben riflettuto fra te e te,
ordina quel che ti sembra meglio”, lo esorta suo zio Artabano, uno di
cui si potrebbe dire che aveva tenuto Serse sulle ginocchia da piccolo,
quasi come zio Jim (Baker) con George W. Junior. “Anche un grande
esercito è annientato da un esercito scarso… La precipitazione, in ogni
cosa, è madre di errori, dei quali poi, di solito, si viene duramente
puniti. Nell’aspettare c’è convenienza: se non appare subito evidente,
col tempo lo si accerterà”, insiste. Alla grande impresa risolutiva
militare contrappone un paziente lavoro diplomatico al fine di isolare
gli avversari più pericolosi. Prevalgono i consigli degli altri. Nel
480 a.C. il più imponente esercito che il mondo avesse fino ad allora
mai visto, attraversa i Dardanelli su una meraviglia di ingegneria, due
ponti omposti da centinaia di triremi, e si appresta a dare una lezione
ai Greci. Di “quanti soldati disponesse ciascun contingente non sono in
grado di dirlo con esattezza (e nessuno lo dice), ma l’esercito di terra
nel suo complesso risultò composto di 1.700.000 uomini. Ed ecco come
furono contati. Radunati in un solo punto diecimila soldati e fattili
serrare assieme il più possibile, tracciarono un cerchio intorno a loro;
allontanati i diecimila, lungo questo cerchio alzarono un muretto, alto
fino all’ombelico di un uomo; costruito il muretto, facevano entrare
nello spazio recintato altri armati, finché in questo modo non li ebbero
contati tutti. Finito il computo, li divisero in schiere per nazione…”.
Sono curioso di vedere come se la sono cavata i costumisti di “300”:
c’erano i persiani, così equipaggiati: un copricapo floscio, detto
tiara, sulla testa, colorati chitoni con maniche intorno al corpo e
corazze di piastre di ferro, simili nell’aspetto a squame di pesce;
brache intorno alle gambe; invece di scudi portavanogerre di vimini e
cuoio, sotto pendevano le faretre; avevano corte lance, grandi archi e
frecce di canna; inoltre pugnali che pendevano dalla cintura lungo la
coscia destra… I Medi marciavano equipaggiati allo stesso modo. In
effetti tale abbigliamento è medio, non persiano… I cissi dell’esercito
vestivano come i persiani in tutto e per tutto, ma invece delle tiare
portavano mitre… Gli assiri della spedizione portavano elmi di bronzo:
un intreccio metallico di fattura barbara, difficile da descrivere;
erano dotati di scudi, lance e pugnali simili a quelli egiziani, in più
mazze di legno con borchie di ferro e corazze di lino… I battriani
militavano portando sulla testa copricapi molto simili a quelli dei
Medi, ma archi di canna di loro fabbricazione e corte picche. I saci,
che sono sciti, avevano in testa turbanti aguzzi che si ergevano dritti
e rigidi e vestivano brache; avevano archi del loro paese, pugnali e
inoltre asce del tipo sagari… Gli indiani, con indosso vesti fatte di
fibre vegetali, avevano archi di canna e frecce pure di canna con la
punta di ferro; gli ari erano armati di archi come quelli dei medi… I
parti, i corasmi, i sogdi, i gandari e i dadici partecipavano con la
stessa dotazione… I caspi marciavano vestiti di pelli animali e muniti
di archi di canna di loro fabbricazione, di frecce di canna e di spade…
I sarangi spiccavano per le vesti colorate e avevano calzari che
arrivavano al ginocchio, archi e lance di Media… I patti, col corpo
coperto di pellicce, portavano archi del loro paese e pugnali… Gli arabi
erano cinti da ampie sopravvesti, e armati di lunghi archi a curvatura
inversa sulla spalla destra. Gli etiopi, vestiti di pelli di leopardo e
di leone, avevano archi fabbricati con rami di palma, lunghi non meno di
quattro cubiti, e piccole frecce di canna, sulla cui estremità non c’era
ferro ma pietra affilata, la stessa pietra in cui incidono anche i
sigilli; inoltre erano armati di aste sormontate da un aguzzo corno di
gazzella, a mo’ di punta, e anche di mazze con borchie di ferro… I
libici militavano con vesti di cuoio, usando giavellotti dalla punta
temprata”. Prosegue per pagine e pagine la dettagliata descrizione della
fanteria, poi la cavalleria e la flotta. Il 9 agosto del 480 a.C., un
piccolo contingente di opliti spartani e altri alleati (settemila
soldati in tutto, i leggendari 300 erano la guardia di Leonida), cercò
di fermare l’avanzata di questo immenso esercito nella serie di
strettoie tra mare e montagna a picco che ha nome Termopili dalle vicine
acque termali, e che controlla l’accesso alla piana di Atene. Mentre la
flotta ateniese cercava di intercettare quella persiana all’ingresso
dello stretto di Artemisio. Potevano essere molti di più, ma Sparta
aveva risparmiato il grosso delle forze, e così avevano fatto tutti gli
altri alleati. Erodoto riferisce che lo fecero perché erano impegnati in
un’importante festività religiosa. Ma forse è solo una scusa.
Militarmente, vista la disparità di forze, la posizione era difficile da
mantenere. Anche se non ci fosse stato l’infame tradimento con la
rivelazione del sentiero, uno sbarco persiano avrebbe potuto comunque
prendere i difensori delle Termopili alle spalle. Tra gli esperti di
storia militare c’è chi ha sostenuto che strategicamente fu un disastro,
Leonida non ne imbroccò una, il suo fu un sacrificio sostanzialmente
inutile da un punto di vista puramente militare. Ma di enormi
conseguenze, nei secoli a venire, dal punto di vista di immagine,
propagandistico. Un po’ come per tutti i kamikaze. Sul piano
strettamente militare, per la coalizione delle città greche fu una
sconfitta. Cosa che era chiarissima a Napoleone, che aveva mandato a
dire al suo protetto Jean Louis David di non gradire affatto la sua
famosissima grande tela su Leonida alle Termopili, perché non gli
garbava che celebrasse una sconfitta. L’esercito persiano ebbe via
libera su Atene e la rase al suolo. La catastrofe per i greci sarebbe
stata totale se gli ateniesi non fossero riusciti a vincere la battaglia
navale a Salamina. Ma ciò non impedì che la Grecia intera fosse occupata
e posta sotto un governatore nominato da Serse. Il Gran Re a quel punto
tornò in Persia, lasciando ordini per la ricostruzione di Atene. Ai
greci vinti offriva piena autonomia, pace e persino ingenti aiuti per la
ricostruzione. Per incredibile che possa sembrare, quelli rifiutarono,
e invece si ricoalizzarono in un’insurgency che avrebbe costretto poco
dopo i persiani al ritiro totale. Poi i greci si rimisero, come avevano
sempre fatto, a massacrarsi tra di loro, seguì l’era delle atroci guerre
del Peloponneso, tra gli ex alleati Atene e Sparta. Ad un certo punto fu
Sparta, dimentica del sacrificio di Leonida, a cercare di richiamare in
Grecia i persiani in funzione antiateniese. Ma quelli con fanatici del
genere non vollero più averci niente a che fare.

ecco un'intervista a Frank Miller.

secondo te uno che parla in questo modo può simpatizzare per Bush?

no, seriamente.


NPR: A lot of people would say what America has done abroad has led to the doubts and even the hatred of its own citizens.

FM: Well, okay, then let’s finally talk about the enemy. For some reason, nobody seems to be talking about who we’re up against, and the sixth century barbarism that they actually represent. These people saw people’s heads off. They enslave women, they genitally mutilate their daughters, they do not behave by any cultural norms that are sensible to us. I’m speaking into a microphone that never could have been a product of their culture, and I’m living in a city where three thousand of my neighbors were killed by thieves of airplanes they never could have built.

NPR: And as you talk to people in the streets, the people you meet at work, socially, how do you explain this to them?

FM: Mainly in historical terms, mainly saying that the country that fought Okinawa and Iwo Jima is now spilling precious blood, but so little by comparison, it’s almost ridiculous. And the stakes are as high as they were then. Mostly I hear people say, ‘Why did we attack Iraq?’ for instance. Well, we’re taking on an idea. Nobody questions why after Pearl Harbor we attacked Nazi Germany. It was because we were taking on a form of global fascism, we’re doing the same thing now.

NPR: Well, they did declare war on us, but…

FM: Well, so did Iraq.
 
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°Shiva
view post Posted on 28/3/2007, 19:03




CITAZIONE ((Louis) @ 28/3/2007, 19:10)
CIoè, per te, non esistono parallelismi fra le potenze imperialiste nella storia? Non esiste un parallelo fra la storia romana e quella americana, fra Alessandro Magno e Serse, fra Napoleone e Stalin, fra Hitler e Carlo Magno? No, dimmi che stai scherzando, ti prego!

Allora se tu hai dedotto dalle parole di Re Sasa che per lui non esistono parallelismi nella storia vuol dire che non hai capito un cazzo visto stavate parlando di un parallelismo in particolare e lui non si è mostrato d'accordo su QUELLO.
Contestare il fatto singolo non vuol dire necessariamente negare in assoluto che esistano parallelismi.
Spero sia chiaro per mr intelligenza
 
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(Louis)
view post Posted on 28/3/2007, 20:32




Se esistono i generali, esistono anche i particolari, o credi che F=m*a non funzioni sempre?
 
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°Shiva
view post Posted on 28/3/2007, 21:19




cazzo non mi sembravi così idiota...
credi davvero che non essere d'accordo sull'assunzione di un fatto a manifestazione particolare di un contesto generale implichi negare il contesto generale stesso?
 
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(Louis)
view post Posted on 28/3/2007, 21:32




Se la situazione generale implica che il particolare sia null'altro che l'ennsima manifestazione della regola (aka gli imperi sii riconoscono per certi loro aspetti identici==>TUTTI gli imperi sono uguali in quei particolari), negare il particolare significa negare la regola generale, che, in questo caso, ad esempio, non può essere manifestazione a sè stante con se e ma.

e parlando di cose serie: Lo hai letto, almeno, l'articolo?

e
CITAZIONE
e un popolo arabo

sasa sei un pirla. arabi e persi sono due popoli ESTREMAMENTE diversi
 
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°Shiva
view post Posted on 28/3/2007, 22:05




Tale implicanza sussiste nel momento in cui è oggettivo che quel determinato fatto sia la manifestazione particolare della regola generale; se il fatto in questione è suscettibile di opinione allora la cosa non mi diventa più così scontata. Insomma se per me non c'è parallelismo tra persiani e americani non sto negando nessuna regola generale perchè ritengo che ciò non rientri nella suddetta.
Stop.

Ah, ho fatto un esempio prima...non sono abbastanza informata sull'impero persiano da poter affermare che non c'è somiglianza con quello americano.

L'articolo lo leggerò...
 
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Re Sasa
view post Posted on 28/3/2007, 22:12




Seghe mentali a parte, è eccezionale come Louis riesca a far polemica anche su cazzate come queste.
Vorrei sapere, sinceramente, chi cazzo se ne fotte del fatto che Miller abbia o meno rappresentato i persiani pensando agli americani.

CITAZIONE
Allora se tu hai dedotto dalle parole di Re Sasa che per lui non esistono parallelismi nella storia vuol dire che non hai capito un cazzo visto stavate parlando di un parallelismo in particolare e lui non si è mostrato d'accordo su QUELLO.

Non mi scandalizzerei tanto, la sua testolina malata lo ha sempre portato a dedurre cazzate su cazzate senza un apparente motivo...

Comunque, rispondo giusto per educazione:

Il fatto che sia possibile fare parallelismi tra i vari imperi della civiltà umana è una sacrosanta verità. Se hai genio puoi cominciare benissimamente a ricercare i punti in comune tra i persiani di Serse e gli americani di Bush, ma dovresti capire che non sta scritto da nessuna parte che se tale parallelismo è possibile è stato inevitabilmente fatto anche dal disegnatore mentre scriveva i suoi fumetti.

Frank Miller odia Bush... e allora?
Lo so che le tue brillanti intuizioni ti portano subito a dare per scontato che nel corso del fumetto i persiani siano solo una metafora dell'impero americano, ma lui, a quanto ne so, non l'ha detto da nessuna parte.

Se l'avesse fatto, come è ovvio che debba essere, me ne sarebbe passato per il cazzo, al massimo lo avrei apprezzato. Solo ti ho posto qualche dubbio visto il fatto che tutte le recensioni che ho notato dicono appunto il contrario. Vedi un pò tu se è il caso di farne na questione di stato partendo subito con insulti infantili. Tieni pure na certa età...
 
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(Louis)
view post Posted on 28/3/2007, 23:18




Immagino siano tutte "recensioni" come questa. Ah, è grazie per considerare quella che ti ho dato da leggere meno che merda, dato che anco l'hai scorsata.
 
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Re Sasa
view post Posted on 28/3/2007, 23:40




Ti avrei parlato di Saviano.
Comunque, come qualcuno fa notare su quel blog, è un fumetto di 10 anni fa, non vedo come possa riferirsi a Bush e alla sua politica di guerra.

Detto questo io vado a dormire, buona notte.
 
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(Louis)
view post Posted on 28/3/2007, 23:47




Ah, quindi per te l'america ha fatto guerre solo sotto Bush? interessante. Giusto domani vado a incontare una bella vietnamita, mi hai dato spunto per una conversazione: "sai che c'è uno che pensa che il tuo paese non è mai stato quasi invaso?"
 
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78 replies since 23/3/2007, 15:18   836 views
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